È di queste ore la triste notizia della scomparsa del musicista Ezio Bosso, a soli 48 anni nella sua casa di Bologna. Direttore d’orchestra, compositore e pianista aveva commosso il mondo quando alcuni anni fa aveva annunciato di essere malato di una patologia neurodegenerativa; una malattia che lo aveva costretto a ritirarsi dalle scene nel settembre 2019 e ad abbandonare la sua più grande passione, la musica.
Scoperto dal grande pubblico nel 2016, quando Carlo Conti lo aveva invitato al Festival di Sanremo come ospite d’onore, aveva incantato tutti con l’esecuzione di “Following a Bird”, una composizione inserita nell’album “The 12th Room”, e in un attimo la kermesse sanremese si era trasformata nel tempio della musica, nel senso più alto del termine, facendo che il nome di Bosso non fosse più riservato a una ristretta nicchia di appassionata della musica colta. Della sua performance di quella sera si ricorderà soprattutto la vitalità di un musicista che nonostante la malattia neurologica degenerativa, ha saputo cogliere il senso profondo dell’esistenza.
Emozionante l’intervista che ha rilasciato a Carlo Conti durante quella sera. “La musica è come la vita, si può fare in un solo modo, insieme”, il suo messaggio. E ancora: “noi uomini tendiamo a dare per scontate le cose belle. La vita è fatta di dodici stanze: nell’ultima, che non è l’ultima, perché è quella in cui si cambia, ricordiamo la prima. Quando nasciamo non la possiamo ricordare, perché non possiamo ancora ricordare, ma lì la ricordiamo, e siamo pronti a ricominciare e quindi siamo liberi”
Parole queste che devono far riflettere sull’importanza della vita e sul sacrosanto dovere, ancor prima che un diritto, ad essere felici.