Ci sono libri che per un motivo strano e misterioso richiamano l’attenzione del lettore, in modo quasi inconsapevole, può succedere ad ogni età. Entri in libreria pensando di scegliere un libro e invece ecco che dallo scaffale senti un sussurro. Ti volti ed ecco la magia, il libro ti ha scelto. Questa magia non è cosi scontata come si potrebbe pensare. È un qualcosa che succede solo con i libri. Non sempre e non con tutti. I suoi prescelti sono i libri di fiabe. Neanche a dirlo a me è capitata con il volume dal titolo C’era una svolta di Fiorio, edito da Morellini. C’era una svolta è un libro di fiabe che, contrariamente al genere a cui appartiene, induce il lettore alla riflessione.
C’era una svolta riunisce al suo interno le fiabe dei fratelli Grimm, Andersen e Perrault, ma scordatevi di trovare le rassicuranti fiabe dell’infanzia, perché molte delle fiabe che conosciamo e che ricordiamo sono arrivate a noi parzialmente riscritte in nome di un target mirato e di un indiscusso successo; e poi ci sono fiabe che hanno mai visto la luce che contengono un potenziale non indifferente, al loro ci sono delle fiabe che non avrebbero mai dovuto essere scritte perché prive di senso; e poi c’è una fiaba, anzi la fiaba, quella che più di ogni altra ha senso nell’infanzia e nell’adolescenza cosi come nell’età adulta dal titolo La principessa e il più bello. Scritta dall’autrice quando aveva solo nove anni contiene dei suggerimenti per la vita di ogni donna.
Paradossalmente una bambina di 9 anni aveva già le idee chiare su come ogni donna dovrebbe essere: orgogliosa, a tratti spregiudicata e sempre fiera di sé.
C’era una svolta è un libro che si legge tutto d’un fiato, non perché sia leggero, le fiabe non lo sono mai, ma una pagina tira l’altra. E così, emozione dopo emozione ti ritrovi in una valle incantata dove incontri Biancaneve che non riesce a sfuggire alla matrigna, Pollicino e Hansel e Gretel impegnati a tornare a casa; e poi ancora i furbi Klaus, uno piccolo e uno grande tutti lì pronti a darti consigli su come vivere la vita. Sì, perché il fine ultimo delle fiabe non è quello di dispensare lieto fine come se non ci fosse un domani; il compito delle fiabe e quello di insegnare a cercare il lieto fine nella vita reale.