Attrice, regista, scrittrice. Tutto questo e molto altro ancora è Scilla Bonfiglioli che, in occasione dell’uscita, ormai prossima, del volume I 7 re di Roma – Tullo Ostilio, scritto insieme a Franco Forte e Mina Alfieri ed edito da Mondadori, ci ha rilasciato questa bellissima intervista.
Ogni libro lascia sia nel lettore che nello scrittore una scia indelebile del suo passaggio. Cos’ha lasciato in te la stesura de La bambina e il nazista?
“La Bambina e il Nazista” è stato un romanzo duro da scrivere per via delle tematiche che porta con sé, che ha necessitato di studio e, soprattutto, di comprensione. Mi ha lasciato dentro una consapevolezza maggiore, forse più di quanta ne avrei voluta. Ho dovuto guardare in faccia non solo le atrocità che sono state commesse in uno dei periodi storici più neri che ci riguarda da vicino, ma anche le motivazioni, le aspettative e perfino i sogni che si nascondevano dietro gli eventi che Franco Forte e io abbiamo raccontato.
Sapevo di stare raccontando qualcosa di molto oscuro, ma ero sostenuta da una forte scintilla di speranza, la stessa che anima il nazista Hans Heigel, il protagonista della storia, quando decide di mettersi da solo contro tutta l’intera macchina infernale in cui è immerso. Più il lavoro andava avanti, più mi rendevo conto che l’orrore non era generato da pochi mostri, ma che era nascosto nelle pieghe dell’animo umano in generale. Una scoperta dell’acqua calda, a vederla da fuori, ma toccarla con mano, immergersi in prima persona nella definizione dei personaggi e delle loro vite, ha cambiato molti aspetti della mia percezione della Storia.
Dopo La bambina e il nazista torni nuovamente in libreria con il volume Tullo Ostilio. Ancora una volta la storia ti chiama per essere raccontata ,oppure sei tu che rincorri la storia?
Non saprei rispondere con chiarezza a questa domanda. Quello che posso dirti è che attraverso gli eventi della Storia possiamo cercare noi stessi. E questo vale per fatti storici recenti, come quelli raccontati ne “La Bambina e il Nazista”, sia per eventi molto lontani da noi come possono essere quelli che vedono protagonista il terzo re di Roma. Per quanto mi riguarda, Tullo Ostilio mi è vicino quanto Hans Heigel. Per entrambi ho dovuto conoscere e fare rivivere in me due realtà molto diverse per ambienti, mentalità e realtà sociali, ma in entrambi i romanzi il centro è l’animo umano. Scrivendo, ho trovato delle analogie in questi personaggi: Hans e Tullo sono uomini che hanno perso tutto e che si trovano a dover fare i conti con loro stessi. Entrambi trovano qualcosa che desiderano proteggere con tutte le loro forze e per le quali sono disposti a uccidere così come a morire. Nel caso del soldato tedesco, si tratta di una bambina che vede in lui un padre; nel caso dell’antico re si tratta di Roma e del popolo che la abita. Hans vede nella guerra che scuote l’Europa un pericolo infernale, Tullo ne fa la propria ragione di vita. Sia l’uno che l’altro, scoprono la loro umanità e se questo percorso è più visibile ne “La Bambina e il Nazista” credo che in “Tullo Ostilio – il Lupo di Roma” sia più nasosto, ma infinitamente prezioso. L’umanità di Tullo Ostilio è la caratteristica che ho amato di più di questo re quasi dimenticato, nel bene e nel male. La cosa più bella che potrebbe dirmi un lettore, una volta arrivato all’ultima pagina del romanzo, è che se anche non condivide molte azioni di Tullo, lo capisce e lo porta nel cuore.
La Storia è interessante, che ci insegua o che si faccia inseguire, perché è fatta dall’umanità e possiamo trovare parti di noi in qualunque epoca e luogo.
Scrittrice, regista, attrice. Quale tra questi ruoli ti identifica di più?
In realtà non sono ruoli così separati come possono sembrare. L’obiettivo è sempre lo stesso, quello di raccontare storie. Lo scrittore tradizionale ha come mezzo le parole e la costruzione di una storia che la messa su carta rende inalterabile, ma non si tratta del solo modo di narrare. Si è scritto e si scrive ancora tanto, per il teatro. Lo si fa in maniera diversa. Ho lavorato in più compagnie e ho steso drammaturgie per più di uno spettacolo. La scrittura teatrale ha regole e necessità diverse da quelle di un romanzo, il rapporto tra la scena e il testo scritto è cambiato moltissimo nel corso degli anni e probabilmente lo farà ancora, si ridefinisce di continuo. Il lavoro del regista consiste in una drammaturgia pratica che non ha a che fare strettamente con le parole, ma con una grammatica fatta di suoni, luci, corpi e spazio. L’attore racconta usando il proprio corpo. Il teatro, in generle, affonda le sue radici in quella che è la forma narrativa più antica di tutte, quella orale. La gestualità e la voce sono strumenti potentissimi per raccontare una storia.
C’è un autore in particolare al quale ti ispiri per i tuoi romanzi?
Non uno solo, che forse sarebbe un po’ manieristico. Ho fortunatamente molti riferimenti a cui guardare. Bulgakov per la sensorialità, i colori e la visionarietà che riesce a imprimere a ogni lettura. Stephen King è stato uno dei primi a cui ho guardato. Leggendo Buzzati ho l’impressione che mi legga dentro prima ancora che io mi trovi nei suoi scritti e questo è inquietante. Tra le mie letture più recenti ci sono Karen Russell e Camilla Grudova, due autrici di cui sono innamoratissima e che studio con un piacere enorme.
Chi è Scilla Bonfiglioli? Descrivi te stessa in tre parole
Blu, rossa e turchese.
Immagina di essere a bordo della macchina del tempo. Ci sono scelte, fatte in passato che cambieresti? E cosa porteresti con te nel futuro?
Ce ne sono molte, ovviamente. Azioni, scelte, cose che dovevo dire e non ho detto, cose che non dovevo dire e invece mi sono uscite dalla bocca. Ho sempre fatto una marea di errori e di sicuro continuerò a farne. Diciamo che cerco di non ripetere quelli in cui sono già passata, ma è più un augurio che un dato di fatto. La verità è che ci sono loop in cui ricado di continuo, per cui mi maledico, mi perdono a metà e così via. Tornare indietro e cambiare qualcosa sarebbe una tentazione intrigante, ma anche se non so scriverla ho letto abbastanza fantascienza per sapere che se cambi anche solo una virgola poi tutto va a catafascio, quindi sto buona e tiro dritto da dove sono. Per quanto piccolo, è il granello di saggezza che mi porto nel futuro.
E, infine, cosa rappresenta per te la scrittura?
Un coltello.