Mi è sempre piaciuto leggere, farlo e riconoscere il protagonista del libro, di più. Arrivai ad occuparmi di quella che io definisco un’opera d’arte soltanto nella fase finale, e leggere ciò che il Critico per eccellenza aveva scritto di Marcello Vandelli suscitò in me grande emozione. Se dovessi tradurre l’uomo Vandelli lo paragonerei ad un gigantesco arcobaleno, perché Marcello è mille ed un colore, e lì dove il nostro occhio fosse costretto a fermarsi nel contemplarne l’ultimo il mio sguardo saprebbe che occorrerebbe spingersi oltre, semplicemente perché cento ed una sfumatura potremmo ancora cogliere. È sempre stato difficile star dietro a Vandelli. La sua mente una ne pensa e cento ne partorisce e la cosa assurda è che lui, con la sua simpatia si trovi sempre circondato da gente pronta ad incoraggiare ogni sua temibile mossa. Ma Vittorio Sgarbi, nel presentarlo, si spinge oltre riconoscendogli un’identità artistica talmente elevata da aver la capacità intrinseca di poter eclissare addirittura il personaggio – e vi assicuro che non è cosa di poco conto – facendo uscire un’interiorità che ha stupito e che sarà in grado ancora a lungo di poter stupire.
Personalmente, prima di conoscere Marcello, mi sono sempre chiesta dove iniziasse l’Uomo e finisse invece il Personaggio. Poi ho semplicemente compreso che il personaggio non esisteva. Vandelli è folle di suo e la follia è ciò che traspare. Poi, se si va a fondo, esiste in lui un’interiorità pronta a palesarsi e che nelle sue opere, silenziosamente, urla a gran voce.
“Vandelli non fa parte di quegli artisti predestinati che nell’arte hanno subito riconosciuto una loro vocazione irrinunciabile. No, per lui l’arte è stata una conquista acquisita in età già abbondantemente adulta, arrivata in quella fase della vita, comune a tutti gli esseri senzienti e pensanti, in cui ci si rende conto che non si sarà giovani per sempre, come prima ci si era illusi di essere” scriverà Vittorio Sgarbi.
Eppure, chi ha conosciuto Marcello Vandelli, sarebbe pronto a scommettere che attraverso lui il mito di Peter Pan vivrà in eterno, a riprova del fatto che non esiste un’età. Non si tratta di rimanere bambini o di far finta di essere adulti, di creder di poter essere indiani o pirati, ma di saper stare nella giusta metà. Noi saremo sempre ciò che decideremo e ci sentiremo di essere, nonostante il tempo ed il suo deleterio correre. A Bologna, nell’ambito di una mostra tenutasi nello Spazio 212, Marcello Vandelli trionfa per la magia che quaranta delle sue opere hanno saputo trasudare e per quello che sarà l’intervento di Vittorio Sgarbi volto a presentare una monografia da lui scritta e relativa alla vita del pittore Sanfeliciano, un affondo sincero ed emozionante che abbandonando a tratti la veste critica, sembra voglia urlare:
“Non aver paura della morte….fa meno male della vita!” Jim Morrison.