Prosegue la rassegna teatrale “il miglior tempo della nostra vita” che celebra i 40 anni di attività della Compagnia Teatrale Nutrimenti Terrestri. Dopo il primo appuntamento che ha visto in scena David Coco protagonista de “La grande menzogna”, ultimo lavoro di Claudio Fava venerdì alle ore 21.00 al Teatro Annibale Maria di Francia sarà la volta di Crisòtemi – Hikikomori ad Argo.
Prodotta da Nutrimenti Terrestri in collaborazione con Spazio Franco Palermo la pièce, interpretata e diretta da Alessandra Fazzino, racconta la storia di Crisòtemi, una delle figlie di Agamennone e Clitennestra, sorella di Elettra, di Ifigenìa e di Oreste. Di fatto, un personaggio minore della saga degli Atridi.
Crisòtemi è la scomparsa, la dimenticata. Sfiorata dal racconto del mito, menzionata di sfuggita, praticamente cancellata. La sua colpa? Non essersi schierata nella faida familiare, aver rifiutato la violenza e la storia crudele della sua famiglia. L’autore la immagina chiusa nella sua camera, appartata dal mondo, in una solitaria e perenne osservazione e fuga dalla realtà e in continuo dialogo con i suoi fantasmi che la perseguitano e la accompagnano. In quel luogo solitario, Crisòtemi si racconta toccando il cuore con la fragilità di chi ha perso tutto ma non la speranza di un cambiamento.
L’idea di questo spettacolo – scrive Alessandra Fazzino nelle note di regia – nasce dalla lettura del testo di Francesco Randazzo in una particolare fase della nostra vita, il periodo post Covid in coincidenza con lo scoppio della guerra in Ucraina, periodo che ci/mi ha messo a confronto con un senso di precarietà, di fragilità, di immensa solitudine interiore, di inutilità e svilimento dell’essere artisti in questo preciso momento storico”.
Lo spettacolo si districa tra il monologo interiore, sviluppato in un flusso di coscienza, il teatro fisico e il teatro di narrazione, dove l’interprete si fa portavoce di diversi personaggi, rappresentandoli e restituendoli al pubblico attraverso gli strumenti principali dell’attore: la voce e il corpo. La drammaturgia di Francesco Randazzo – che è rarefatta, essenziale e poetica – si conclude lasciando intravedere una luce, nella convinzione che proprio i più deboli, i cosiddetti invisibili, “gli eremiti urbani, gli hikikomori dell’anima” saranno i portatori di una nuova umanità che cambierà le sorti del mondo.
Ancora una volta sulle assi di un palcoscenico corrono tutte le sfumature della vita, dove tutte le esperienze, anche quelle dei grandi miti, sono connesse.